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 Caro diario
C'era una volta un bimbo Il bimbo cresce E adesso c'è... Qualcuno ha scritto Parole in libertà Io e... Caro diario Pranzo SINF 2004 Pranzo SINF 2006 Viaggi Ricerca

 

 

Come suggerisce il titolo della pagina, questo é un po' il diario in cui scrivo, quando ne ho voglia, cose e considerazioni su argomenti disparati. Se qualcuno vuole aggiungere un commento e/o aprire un dibattito... ben lieto!

3 Ottobre 2004
Dopo ben sedici anni ci siamo riusciti: un pranzo con i compagni d'Università. Temo sempre molto queste "rimpatriate". Può succedere di tutto. Ricordo ancora una cena del genere in cui mi guardavo attorno esterrefatto, chiedendomi come mai avessi potuto frequentare quella gente.
Stavolta invece sono stato proprio bene! A parte qualche attimo di smarrimento iniziale, dovuto più che altro alla difficoltà di associare nomi e volti da ripescare nei meandri della memoria.
Poi, come al solito, arrivano le riflessioni sul tempo che passa, i capelli che si diradano,  le mogli, i mariti, i figli. Qualcuno che cambia e qualcun altro che non cambierà mai.
É difficile vivere un salto indietro nel tempo quando lo specchio dei compagni di un tempo ti riflette rughe che non avevi.
É bello vedere come il tempo smussa angoli che credevi sarebbero rimasti vivi per sempre. Ed è un po' come ricominciare daccapo, ma non proprio da zero. Piuttosto da tre, avendo tutti scelto di mantenere i bei ricordi, addolciti con lo zucchero del tempo.

Poi il pensiero scorre verso chi manca. Qualcuno non si trova. Qualche altro è assente per scelta. E poi manca chi forse avrebbe anche scelto di esserci, ma non c'é perché non può più scegliere nulla. Ciao Ste.

Gennaio 2004
Oggi ho la vena economica. É un po' di tempo che si parla di euro, aumenti dei prezzi, controlli mancati, inflazione percepita e inflazione reale e chi più ne ha più ne metta.
Voglio concentrarmi solo su due aspetti, peraltro molto pratici
   C'é chi dice che se trovo un prezzo che ritengo troppo alto, posso cambiare fornitore e prendere ciò di cui ho bisogno da un'altra parte, dove costa meno. Vero, almeno in teoria. Peccato che io possa decidere solo marginalmente di penalizzare chi ritengo abbia approfittato del cambio di moneta per aumentare indiscriminatamente i prezzi. Chi non ci crede, provi ad andare a mangiare in pizzeria: mi sembra che sia diventato un lusso, e le differenze di prezzo fra un locale e l'altro sono minime. Possibilità di influire sul prezzo: nulle
   D'altro canto, se i fornitori aumentano il prezzo al negoziante, anche se lui applica lo stesso ricarico di prima, il prezzo al pubblico aumenta comunque. E quindi non è detto che il negoziante che ho davanti abbia calcato la mano sugli aumenti. In ogni caso però io spendo più del dovuto.
    Parlando di ricarichi: ma se invece di applicare dei ricarichi folli e rimanere con i negozi semivuoti in attesa dell'orgia dei saldi (mi riferisco al settore dell'abbigliamento ma non solo), i cari negozianti applicassero dei prezzi ragionevoli sempre, abolendo del tutto le svendite, non sarebbe meglio? Loro venderebbero con più continuità, e noi compreremmo più volentieri. A proposito: lo sapevate che anche con gli sconti al 50% il margine di guadagno sull'abbigliamento è ancora abbondante?

7 Maggio 2003
Succede ancora. Succede tutte le volte che passo davanti a quella casa. A qualunque ora, in qualunque giorno. Pensavo che col tempo avrei smesso, e invece no. Per andare a Leuca, per me, è una strada quasi obbligata. E tutte le volte che passo davanti a quella che fu la tua casa, qualcosa mi stringe la gola.
Non ci conoscevamo molto bene, ma la compagnia era la stessa da tanto tempo. Siamo cresciuti vicini. Poco più di una passeggiata. Poi lei a Roma, io a Modena. Ma ci si vedeva nelle solite occasioni: Natale, Pasqua, l’estate. Al Bar del Porto, qualche festa tutti insieme a far baldoria. E due chiacchiere ogni tanto.
Poi così, d’un tratto non ci sei stata più. Sei volata via come un uccello, lasciandomi il ricordo del tuo sorriso ed il rimpianto del non potermi più rallegrare alla tua vista.
Ma… mi piace pensarti lassù, a sorridere agli Dei del cielo. Ora sono loro ad rallegrarsi del tuo sorriso.
Ciao, stella radiosa. Ciao Anna Maria

25 aprile 2003
Quindici anni. Sarò anche banale, ma come sono passati in fretta... Quindici anni fa ero disteso nel letto di un ospedale. Oggi sono qui, a scrivere ricordi. Uno dei segni dell'età? Forse. Ma ogni tanto ricordarsi che la morte è l'unica certezza della vita non fa male. E ancora meglio fa il prendere coscienza del fatto che cammino, respiro, faccio. Sono. E c'é chi vorrebbe ma non può. Non più. Non senza l'aiuto di qualcuno.
Bastano anche pochi giorni per rendersene conto. Ed averne paura. E purtroppo si dimentica anche abbastanza in fretta. Forse é anche un bene, ma io ti dico, caro diario, che nel mio piccolo sono contento di ricordare, ogni tanto, come lo star bene ed una catastrofe siano separati da un battere di ciglia, ma anche com'é stato bello riuscire a camminare ancora. Da solo.

22 aprile 2003
Oggi pomeriggio stavo andando in centro con la mia bicicletta a trovare la mia adorata "unofficial wife" quando, passando da un incrocio, vedo una bimba che avrà avuto si e no 5 anni. Insomma, un soldo di cacio. Scatta il verde e parto, e nello stesso momento vedo la bimba che si guarda attorno e poi, rivolta rigorosamente dall'altra parte, mi attraversa la strada davanti. Fortunatamente non ci sono macchine dietro e riesco a fermarmi un centimetro prima di investirla, per quanto in bicicletta e piano. Tuttavia non riesco a trattenermi e gli dico, con voce un po' agitata, che forse era il caso stesse più attenta. In realtà volevo capire dove fossero i genitori per dirgliene quattro. A loro si! E visto che il signore più avanti non si gira dico alla bimba, ancora più ad alta voce: "Dov'è tuo papà?", nella speranza che un legittimo genitore avesse il fegato di farsi vedere. E invece è la bimba che si gira verso di me e mi apostrofa così: "Str....zo, vai via!".
Ecco, in quel momento mi sarebbe partita volentieri la mano con un ceffone da record. Invece l'ho solo detto. Mille cose mi hanno attraversato la mente, fra cui anche lo sconcerto per una risposta così a bruciapelo ed assolutamente inaspettata.
Poi, a freddo, mi viene in mente se avessi fatto io una cosa del genere trent'anni fa, il ceffone mi sarebbe arrivato sicuramente e sarei stato accompagnato dai miei genitori o dal vigile appeso per un orecchio e sospinto da calci nel sedere dal primo che si fosse trovato a sentire una cosa del genere. E vi assicuro la volta dopo ci avrei pensato due volte prima di rispondere così. Ed invece niente. E allora mi chiedo qual'è la cosa giusta. Si dice tanto che i metodi di una volta non vanno bene, che ci vuole il dialogo ecc. ecc.. ma io dico: cosa si dialoga in un caso del genere? Due ceffoni ben dati, quando servono veramente, sono così inutili? É giusto fregarsene e tirar dritto per la propria strada? Ma poi, quando ti rompono le scatole perché non ti sei fatto i tuoi?
Insomma, io penso che una volta un po' tutti sentissero la responsabilità nei confronti dei piccoli, e quindi si sentissero in diritto-dovere di fare qualcosa in situazioni di assenza dei genitori, e questi ultimi accettavano e confermavano l'insegnamento dato in loro assenza. Oggi questo non é più vero. Ora, senza ricorrere ai ceffoni, se un bimbo torna a casa dicendo: "La maestra mia ha punito" la risposta é: "La maestra è cattiva" e via a coprirla di improperi. Una volta la risposta era: "Ha fatto bene, e te ne doveva dare di più".

10 aprile 2003
Stazione dei treni di Modena. Accompagno mia mamma a prendere il treno che la riporterà a casa. Il treno lo vedo, sta arrivando. In quell'istante ci si avvicina una signora, più larga che alta, che con accento tipico campano ci fa: "Avete un cellulare che chiamo Bologna per avvertire che arrivo?". Mia mamma si gira e gli dice che lei il telefono proprio non ce l'ha. Ed io penso al treno che arriva, io che devo aiutare mia mamma a salire ma non parto, questa che si dilunga nella telefonata magari mentre il treno parte... Insomma é un casino e comunque non c'è tempo: il treno è già fermo... La guardo e gli dico, più delicatamente possibile, "no, mi dispiace ma...". Non faccio in tempo a finire la frase che la signora mi fa: "Statevene voi qui con questa mentalità del nord... mica come noi...". Oddio, che mi ha detto!!!! A ME!!! É vero che forse le origini remote dei Borrello potrebbero essere lombarde, ma al momento tenderei ad escludere questa eventualità (chissà perché poi...). Gli ho sibilato le mie origini e lei ha fatto finta di non capire rispondendomi che i pugliesi invece erano brava gente, non come quelli del nord... A quel punto ho lasciato stare, altrimenti mia mamma non partiva.
Ma dico io, é possibile?

Ultimo aggiornamento di questa pagina: 25 gennaio 2006

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