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 C'era una volta un bimbo
C'era una volta un bimbo Il bimbo cresce E adesso c'è... Qualcuno ha scritto Parole in libertà Io e... Caro diario Pranzo SINF 2004 Pranzo SINF 2006 Viaggi Ricerca

 

 

C'era una volta un bimbo. O quasi. Qualche ricordo di gioventù

11 Luglio 1966

Il mio primo compleanno. L'occhio attento può già cogliere la propensione alla guida e quella ai dolciumi...

11 Luglio 1966

Nel caso ci fossero stati dubbi... La persona che tanto amorevolmente si preoccupa della mia salute è mia mamma.

6 Febbraio 1972

Carnevale a Catania, dove viveva mia zia e le mie cugine

Giugno 1976

Panatta e compagni stavano per vincere la coppa Davis. Ma io ero preso dalla presentazione della recita di fine anno scolastico. L'inizio di una carriera?

22 Aprile 1978

Gita a Castel del Monte, seconda media. Se qualcuno si riconosce... P.s.: primi esperimenti con una macchina fotografica, la mitica OM1 del fidanzato dell'epoca di mia sorella.

24 Dicembre 1978

Presepe vivente. Il mite pastorello suona il flauto vicino al pozzo. ... e il giorno dopo avevo la febbre a 39. Fine della carriera di pastorello.

Il mio primo ricordo d'infanzia risale a quando avevo circa 3 o 4 anni, ed é come avvolto nella nebbia: ricordo un telefono nero a parete, di quelli di una volta, accanto ad una finestra da cui si vedeva l'Etna. Evidentemente quella vista mi impressionò talmente che ne ho tuttora memoria.

Il ricordo successivo risale a qualche anno dopo, nel frantoio di mio zio Augusto.
Per chi non sa cos'è un frantoio, é il posto dove entrano le olive e ne esce l'olio. Adesso ce ne sono di modernissimi, ma una volta si usavano i somari per far girare delle grosse pietre (le macine) in una vasca in cui venivano messe le olive. La pasta che se ne ricavava, posta in strati separati da dischi in corda, veniva pressata ed una parte del liquido risultante era l'olio extravergine di oliva. I somari non li ricordo perché usavano già i motori elettrici e le presse idrauliche, ma la molitura a freddo è sempre quella.
Orbene, quel pomeriggio mio padre, che aveva delle commissioni da fare, mi lasciò in custodia da mio zio, il quale a sua volta mi affidò agli operai che lavoravano nel frantoio. Caso volle che la moglie di uno degli operai arrivò portando con sé il pane appena sfornato. Chi conosce la zona sa che le "pucce" di pane di grano duro del posto possono essere anche di dimensioni ragguardevoli e la pezzatura da un chilo è la norma. Io poi ero piccolo, quindi a me sembravano ancora più grandi... Fatto sta che l'operaio prese un coltellaccio, ne tagliò una fetta che ancora fumava, aggiunse un po' di sale, un po' di pepe e  quell'olio che stava venendo fuori dalle presse. Signori miei, a distanza di tanti anni sento ancora il gusto di quella fetta di pane!

Marachella: una volta, quando avevo più o meno sette anni, mio papà mi portò con sé nella casa al mare. Quella volta era particolarmente impegnato perché c'era un operaio con cui stava sistemando un deposito per l'acqua. Fatto sta che io mi ero stancato di stare da solo e, emulo di mia sorella, decisi di tornare a casa in autostop. Pensato e fatto, mi avviai, comunicando la cosa a mio padre. Solo che lui non mi sentì... Feci un chilometro a piedi, poi passò un signore in vespa che mi conosceva e che mi dette un passaggio fino in paese. Vantaggi del vivere in un piccolo paese. Fu molto bello, anche perché era la prima volta che salivo in moto. Davanti, in piedi fra il manubrio ed il guidatore. Mi lasciò in piazza, dove incrociai anche mia sorella. Per farla breve, ero quasi arrivato a casa sano e salvo quando mi si affiancò una macchina: era mio padre che, sorridente e con un ciuffo che gli scendeva sul viso mi invitava a salire in macchina aprendomi lo sportello. Salii contento e... un ceffone mi raggiunse.
In quel momento imparai che dopo aver parlato bisogna assicurarsi che le proprie parole siano state ascoltate. E che quando mio padre aveva quel sorriso, specie se abbinato al ciuffo di traverso, era meglio stargli alla larga. Molto alla larga. Per fortuna quelle occasioni erano rare, ed il ceffone che presi, peraltro ben meritato, fu l'unico.
Tornati al mare, scoprii che erano successe tante cose in mia assenza: c'era una piccola folla, composta da amici e colleghi di lavoro di mio padre, gente sparsa che cercava qualcosa. Quando scesi dalla macchina alcuni si affollarono attorno a mio padre, mentre uno dei suoi colleghi, Gigi, mi prese da parte e con una pacatezza che ricordo ancora mi raccontò che mio padre, non trovandomi più, temeva mi fosse successo qualcosa, al punto che era andato a chiamare loro nel paese vicino (n.b. i cellulari all'epoca erano solo le camionette dei carabinieri). E poi che mi avevano cercato dappertutto, uno mi aveva anche cercato in mare e visto che era marzo o aprile era stato anche un sacrificio, ma l'aveva fatto perché temevano tutti per me, e che quando mio padre mi trovò per strada, stava andando a casa per dire a mia mamma che non mi trovavano più...

1978-79: i tre moschettieri partono all'attacco. Io, Giorgio e Michele, compagni di scuola ed inseparabili amici. Ne abbiamo fatte di cotte e di crude. Manuale delle giovani marmotte alla mano (no, non sto scherzando, l'avevo vinto in una caccia al tesoro!) e fantasia. Prendevamo i legni inutilizzati dei cantieri edili in zona e con quelli, i chiodi e l'incoscienza ci siamo costruiti una casa (ben 6 mq!) fra due enormi alberi di eucalipto che c'erano di fronte casa. E con tutti gli optional, fra cui la scala retrattile per salire, un tavolo reclinabile, le panche per sedersi, un cassetto a scomparsa per metterci dentro le carte da gioco e tanto di impianto elettrico alimentato da una batteria d'automobile posizionata nel "belvedere" (o torretta di guardia, a seconda dei giochi) che c'era sul tetto. Il tetto che era anche il punto debole di quel gioiellino: non siamo mai riusciti a trovare una soluzione per renderlo impermeabile...
E poi il telegrafo elettromeccanico, sempre costruito interamente da noi su idea del manuale, con barre di ferro avvolte da fili di rame presi dai motori elettrici fuori uso che facevano da elettrocalamita ed attiravano la testa di un grosso chiodo fissato in fondo ad una leva alla cui altra estremità c'era una penna che scriveva sulla carta che veniva srotolata. Insomma, come nei film western.
Per non parlare del generatore a vapore: del fuoco sotto ad un contenitore chiuso pieno d'acqua che, bollendo, generava vapore che, indirizzato su una ventola da radiatore d'automobile la metteva in movimento. La rotazione di quest'ultima si trasmetteva con una cinghia ad una dinamo che generava energia elettrica. Questo impianto avrebbe dovuto alimentare il telegrafo, ma non riuscimmo mai ad ottenere energia sufficiente, ed allora ci provammo con l'illuminazione della casa. Funzionava, ed anche bene. Solo che per accendere la lampadina ci voleva quasi un'ora dall'accensione del fuoco. Senza contare che ogni tanto pioveva...

Insomma, avevamo inventiva e voglia di scoprire le cose. Quelle erano anche le nostre marachelle, che ci facevano stare attentissimi perché se ci scoprivano passavamo guai... In effetti ogni tanto qualche cosa non proprio regolare la facevamo. Ma poi penso che sarebbe bello che i ragazzini d'oggi potessero fare le stesse fesserie che ho fatto io. Purtroppo invece le marachelle dei ragazzini di adesso si misurano col codice penale...

Si varca la soglia dei 14 anni: finalmente posso guidare il motorino senza particolari patemi d'animo. E soprattutto senza che mia sorella mi lanci appresso i sandali. Se avete fatto mente locale sulla moda che c'era nel 1979, avrete capito che fu un sollievo non da poco...

Agosto 1979

S. Gregorio, marina di Patù (LE). L'estate passava fra un bagno e una chiacchiera sul muretto. E qualche ormone che cominciava a farsi vivo.

Agosto 1979

Le mitiche feste serali a casa di amici. E gente che va e che viene. Ma che fine avranno fatto quei tre ragazzi di Padova? Comunque io sono quello a destra.

Agosto 1979

Questa foto potrebbe suscitare i ricordi sepolti di molta gente. Se qualcuno si riconosce, batta un colpo. Io sono quello accovacciato in basso a sinistra col dito per aria.

Pasqua 1982

Da sinistra: Fabio, ex fidanzado di mia sorella, Michela, Giusi (seduta), Patrizia (mia sorella) ed io.

Aprile 1983

Gita scolastica a Roma, classico lancio della monetina nella fontana di Trevi. Nota il tentato lancio nella fontana di un mio compagno di classe...

Aprile 1983

Sempre a Roma, cena in albergo. Rivedendo queste foto mi chiedo sempre che fine avranno fatto quelle persone che non vedo da un sacco di tempo...

Capodanno 1984

Ebbene si, la musica mi è sempre stata nel sangue!

Carnevale 1984

Ed ecco qua il quartetto: io, un mio compagno di classe e le "mie" due donne, Angela e Agatina. Hei, non correte: in senso platonico!!!

Fine Aprile 1984

Madonna di Campiglio: il lancio del professore nella neve. Che freddo che c'era!!!!

Aprile 1984

Cosa vuoi mai fare alla sera in albergo durante una gita scolastica? Tutto tranne che dormire, ovviamente!

Aprile 1984

Per fortuna eravamo in parecchi a pensarla allo stesso modo

Tante cose accadono dal 1979 al 1984, e tutto si mischia in ricordi ora dolci ora amari, come il primo bacio o il rivelarsi della malattia di mio padre, la scuola marinata...

Estate 1979. Quattordici anni con addosso solo la coscienza di esserci e l'apparenza del dimostrarne di più. Estate. Si gioca ancora come bimbi ma spunta anche la malizia. E poi? Bho? Va bene, ci sono le ragazzine. Ma cosa ci si fa? Come si interagisce con quelle "cose" che se non le consideri si arrabbiano e se gli vai vicino scappano via? Crisi. Grande crisi. Specie se non c'é qualcuno che ti spiega un po' come funziona... E allora improvvisi, provi, riprovi e, inevitabilmente va buca. D'altro canto, chi di voi ha imparato a camminare senza cadere neanche una volta?

Scorrono le stagioni, fra un'estate e l'altra. In mezzo poco. Ma poi non è del tutto vero: mi diletto nel frequentare una radio privata e mi fanno anche mettere su qualche disco. Era l'epoca di Lucio Dalla con Anna e Marco e L'anno che verrà, di Francesco de Gregori con Rimmel, i primi rap, i Pink Floyd... Scoperte che segnano l'evoluzione musicale nata da alcuni anni di lezioni di pianoforte. Purtroppo smesse, anche a causa dell'impostazione un po' troppo classica delle lezioni, almeno per i miei gusti, nella scelta dei brani da studiare. In quel periodo ci fu anche il terremoto a Napoli. Ricordo che scorrevano i titoli di coda di "Domenica in" dell'epoca ed io, seduto sulla sedia a dondolo, mi sentii muovere, e dissi a mia madre di smetterla di spingere così forte. Solo che quando voltai lo sguardo lei era seduta al suo posto ed il suo sguardo era un misto fra un sorriso ed un po' di paura. Istintivamente ci guardammo attorno senza capire, almeno fino a quando non vedemmo il lampadario in ferro battuto che oscillava...

 

Ultimo aggiornamento di questa pagina: 25 gennaio 2006

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