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India 2012
 

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Taj Mahal

Introduzione di Roberto Amaducci, tratta dalla relazione di viaggio

Considerazioni Generali sul Viaggio
A ventuno anni di distanza sono tornato in questo posto magnifico. Ho potuto appurare che il turismo ha modificato alcune sue caratteristiche (Agra – Udaipur ed in modo radicale Jaisalmer), ma nel complesso é ancora legato ad antiche tradizioni sociali e religiose.
Il Rajastan ha un’alta concentrazione di cose da vedere: templi, moschee, siti archeologici, haveli, palazzi di maha-raja, fortezze, tombe monumentali, e tutti molto belli ed interessanti.. In questi posti si leggono i fasti del passato. Che però spesso stridono con la realtà attuale fatta di degrado, sporcizia e povertà. Una cosa che si nota sono i numerosissimi cantieri stradali in esecuzione, la rete viaria si sta adeguando in modo vertiginoso, anche se poi in autostrada trovi le mucche o i carretti trainati da cammelli, ma forse il bello è questo.
Oltre alle tantissime cose che si possono vedere nella regione, questo viaggio da la possibilità di visitare New Delhi ed Agra, con il suo splendido Taj Mahal, forse il monumento più famoso dell’India ed uno dei più famosi del mondo (forse un po’ troppo enfatizzato). Nel 1991, quando lo vidi per la prima volta, ebbi la possibilità di assaporarlo con più calma in quanto i turisti presenti erano in numero molto inferiore e non paragonabile alla massa presente ora.
Il viaggio si articola ad anello e può essere effettuato sia in senso orario che antiorario senza nessuna differenza. Noi abbiamo scelto di non andare al Mount Abu visto l’esiguo tempo che avremmo avuto per visitarlo. La vera difficoltà (se così si può chiamare ) di questo viaggio sono i lunghi spostamenti in pulmino in termini di tempo, perché nonostante la rete viaria sia notevolmente migliorata, vi sono ancora tratti da percorrere molto lentamente. La media oraria è di non più di 50/60 Km se va bene ed é sufficiente un piccolo contrattempo per far saltare i progetti di puntualità. Questo obbliga tutti i partecipanti ad essere puntuali in modo da poter svolgere il programma durante la giornata e possibilmente non viaggiare di notte.. Il viaggio é veramente bellissimo ed interessante: Delhi, il Taj Mahal, Fatehpur Sikri, Pushkar, Chittorgarh, Ranakpur e la città di Jaisalmer, i colori della gente e dei mercati (ogni città ne ha uno o più) e con questi la confusione, la ressa, gli odori forti e le pressanti richieste che colpiscono e lasciano il segno: "il richiamo” dell’India".
Buon viaggio!

E le note "sgangherate" (definite così da lei stessa) di Giovanna. Io invece le trovo fantastiche, emozionanti, coinvolgenti... Giudicate voi.

Tante piccole città immerse nei gas di scarico, strade polverose e strette gremite di bambini con volti ambrati ed occhi grandi e luminosi, donne dai corpi sinuosi avvolti in sari dai colori sgargianti, uomini magri, baffuti e inturbantati: un fiume di corpi che si sfiorano e rendono brillante un'atmosfera altrimenti polverosa. Gente che scorre toccandosi, senza doversi chiedere scusa, senza sentirsi violata. Qui il limite del corpo si indebolisce, da confine diventa frontiera e la frontiera è terra d'incontro, di scambio. E tu viaggiatore pavido vorresti seguire quel fiume umano, ma rimani lì nel tuo fiacco e grigio ruolo di spettatore, per poi rimpiangere, tornato nel tuo più composto occidente, di non esserti tuffato in quel garbato e colorato fiume che temevi ti travolgesse. E poi vacche grasse e pigre, e tori imperturbabili dallo sguardo severo, che sembrano aver capito che tutti quei motori non rappresentano una minaccia, e ancora cani con code erette come aste di bandiere, che ti comunicano di non essere un ospite gradito; e poi merda, tanta merda che prima o poi, per tanta attenzione tu faccia, pesti . E ancora clacson, tanti clacson impazziti in un traffico che sembra insostenibile su strade così modeste. E tu fragile spettatore non puoi rimanere indifferente agli incredibili sincronismi che regolano le caotiche strade delle città. Meccanismi impercettibili, grazie ai quali tutti, auto, bici, tuc tuc, moto, camion, pedoni, animali, si sfiorano in un eterno, lento movimento senza mai toccarsi. E lungo queste strade trafficatissime scorrono case basse e brutte che miseramente si susseguono esponendo le merci più impensate, che commercianti piuttosto esuberanti cercano di venderti, dando corso a trattative estenuanti e... poi all'improvviso, come per magia, templi e palazzi esageratamente sfarzosi si impongono superbamente su uno scenario desolato. Spero non siano questi contrasti a farci amare l'India, a metterci una malinconia mista a nostalgia, che ci spinge a sognare di essere là, con l'olfatto oltraggiato da gas di scarico, olio fritto e urina ma confuso e deliziato dal profumo delle spezie, con le papille gustative impazzite al solo pensiero di quei cibi che ti fanno esplodere in bocca una deflagrazione di peperoncino ed altri elementi in tempesta; là in mezzo a quel torrente di gente dagli occhi vellutati, di tori, vacche, cani, tuc tuc, macchine, corriere, moto e strade impossibili da attraversare, perché lì i semafori ci sono e vivaddio funzionano, ma non si rispettano, insomma col rosso non ci si ferma e allora tu per passare in sicurezza attendi che una bella e grassa vacca, consapevole della sua sacralità, si piazzi sulle strisce . Questo è il potere dell'India e tu non puoi fare a meno di amarla e di continuare a pensare: io lì, prima o poi, ci torno. E tornerò in quei luoghi magici, non solo per percepire la serenità attraverso gli sguardi e i sorrisi della sua coloratissima gente ma anche per provare una sana indifferenza in situazioni manifestamente truffaldine. E il potere dell'India sta anche in questo, nel farti rimpiangere anche situazioni poco edificanti. E con nostalgia penso al tempo passato al ghat di Pushkar con un bramino avido e non proprio gentile, al quale, per togliermi dall'imbarazzo di essere orfana e vedova senza figli, ho confidato di avere una famiglia così numerosa che gli ha richiesto parecchio tempo per portare ogni suo membro all'attenzione del dio brahma; e non mi dispiacerebbe ritrovarmi in quella sgangherata area di servizio dove il resto te lo danno in più soluzioni per sottrarti, in modo indolore, un terzo del dovuto. Vorrei essere là anche per ricomprare quelle pezze dai colori che ti prendono l'anima mentre qui, nel monotono Occidente, indossarle ti creerebbe qualche imbarazzo, ma in quella magica parte di mondo le guardi e le sfiori provando la stessa tensione emotiva di quando cogli la magnificenza di un'opera ben riuscita. E risalirò sui tanto deprecati tuc tuc per assaporare stretti gli uni contro gli altri il placido e rassicurante tepore del mucchio, e per precauzione, anche se con un certo agnosticismo, invocherò il santo protettore dei viaggiatori fifoni che all'estero, talvolta, diventano impavidi, poiché penso esista davvero visto il felice epilogo delle spericolate zigzagate effettuate sulle strade trafficatissime di questo straordinario paese. E senza esitazione mi farò travolgere da quel coloratissimo e scomposto fiume umano per non sentire al ritorno il peso insopportabile di un viaggio stupendo ma vissuto più da spettatore che da protagonista.

 

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